INCERTEZZE GLOBALI E BASSA CRESCITA – L’ancora basso ritmo di crescita mette in evidenza il ritardo del recupero per l’economia italiana: nel confronto internazionale effettuato nell’arco del decennio 2007-2017 gli Stati Uniti registrano un PIL in salita del 14,9%, l’euro zona segna una crescita cumulata del 4,2% mentre l’Italia registra un livello del PIL inferiore del 6,1% rispetto a quello di dieci anni prima.
Nella media primi quattro mesi del 2016 la produzione manifatturiera con la composizione settoriale dell’artigianato registra una crescita dell’1,7% a fronte del calo del 2,1% rilevato nello stesso periodo dello scorso anno.
Per la gestione della crisi dei migranti nel 2016 l’Italia registra una spesa pubblica pari a 3.431 milioni di euro.
Nel 2016 l’economia del Regno Unito è la seconda dell’Ue a 28 con un Prodotto interno lordo che vale 2.761 miliardi di euro, il 16,8% dell’intera Unione. Con la riduzione del PIL determinata dalla Brexit e il minor ritmo di crescita, nel 2020 l’“Unione a 28 meno 1” sarà sorpassata dalla Cina.
Persiste un ampio divario nel costo del credito tra le micro e piccole imprese e quelle medio grandi; nel 2015 si osserva uno spread di 248 punti base nel costo del credito tra una micro impresa (4,28%) e una grande impresa (1,80%, più che dimezzato).
NON C’È RIPRESA SENZA PICCOLA IMPRESA – Tra i maggiori Paesi europei l’Italia presenta la più alta quota di occupati in micro e piccole imprese manifatturiere con meno di 20 addetti (38,9%), davanti a Spagna (31,2%), Francia (21,9%), Regno Unito (17,3%) e Germania (14,8%).
Negli ultimi dodici mesi le esportazioni dei settori di MPI ammontano a 115.972 milioni di euro pari al 7,0% del PIL.
Nicchie tricolori: 149 prodotti in cui l’Italia è esportatore leader nell’UE a 28.
Il 36% delle MPI indica che nel proprio settore di attività il fenomeno della delocalizzazione produttiva all’estero è elevato. In relazione ai flussi di offshoring e reshoring mentre il 11,1% dei piccoli imprenditori osserva una riduzione del fenomeno di delocalizzazione, più del doppio (26,1%) segnala un aumento della delocalizzazione produttiva nel proprio settore.
L’ECONOMIA IBRIDA, VALORI ARTIGIANI E TECNOLOGIE DIGITALI – E’ del 30% la quota di MPI digitali, pari a 183.303 imprese fino a 20 addetti con 626.754 occupati.
Sono 800.305 le imprese artigiane in settori interessati da Internet delle cose (Internet of Thing, IoT). Sono 31.361 le MPI fino a 20 addetti operano nei settori di offerta delle tecnologie digitali producendo macchine e apparecchiature che integrano meccanica, elettronica e Ict e danno lavoro a 171.266 addetti pari a quasi un quarto (23,9%) dell’occupazione del settore.
VERSO LA POST-AUSTERITY – Dalla sottoscrizione del Fiscal compact del 2 marzo 2012 alla comunicazione interpretativa del Patto di stabilità e crescita che inaugura l’epoca della flessibilità del 13 gennaio 2015: sulla base della distanza tra queste milestones temporali, l’austerità nell’Unione europea è durata 1.047 giorni.
Lo spread fiscale con l’euro zona nel 2016 scende a 1,7 punti di PIL tornando ai livelli del 2007, ma rimanendo ancora superiore allo 0,5 punti di dieci anni fa; nel 2016 lo spread fiscale vale 28,0 miliardi di euro ed è pari a 461 euro per abitante.
Paradossi della spesa per welfare: per 1 euro speso per giovani e famiglie si registrano 11,23 euro spesi a favore di pensioni e sanità per anziani.
Il ritardo infrastrutturale dell’economia italiana: a fine 2015 in Italia l’82% delle imprese italiane considera le infrastrutture inadeguate come un problema per l’azienda, quota di 36 punti superiore al 46% rilevato nella media dell’Ue a 28.
Il prelievo per una micro impresa tipo localizzata nei Comuni inefficienti – e quindi beneficiaria di un livello più basso dei servizi – è del 6,9% superiore a quello di una analoga impresa che opera nei Comune efficienti, pari ad un maggiore esborso di 283 euro.
25,3 miliardi di euro di imposte e contributi versati da imprese che lavorano con PA utilizzabili per la compensazione debiti/crediti.
L’86% degli imprenditori italiani indica la complessità burocratica come un problema per attività di impresa, 24 punti superiore al 62% della media Ue.
In cinque anni i prezzi dei Servizi a regolamentazione locale sono saliti del 17,5%, ben 13 punti percentuali in più rispetto al 4,5% registrato per l’indice generale dei prezzi al consumo.
Le partecipate pubbliche operano frequentemente al riparo dai meccanismi concorrenziali: il 95% delle Amministrazioni Locali affida i servizi pubblici con modalità diretta, ovvero senza procedure ad evidenza pubblica.