Dallo scorso 13 dicembre è in vigore il nuovo regolamento europeo sull’etichettatura alimentare.
Dopo le polemiche sull’armonizzazione delle norme da parte del Ministero, Confartigianato torna sull’argomento per chiedere che venga nuovamente indicato lo stabilimento di produzione sulla confezione dei prodotti, lasciando ai consumatori la possibilità di scegliere consapevolmente cosa mangiare.
Con le nuove norme comunitarie, infatti, è obbligatorio indicare la sede legale di chi commercializza il prodotto o quella dell’importatore, nel caso in cui sia un alimento prodotto fuori dall’Europa.
Secondo le nuove norme, però, indicare lo stabilimento di produzione sull’etichetta dei prodotti è una scelta facoltativa dell’impresa produttrice.
Un dettaglio non da poco, se si considera quanto sia stretto il rapporto tra ‘made in Italy’ alimentare e luoghi di produzione.
Un legame che, inutile dirlo, accorcia la filiera produttiva, permette di valorizzare lavorazioni e materie prime locali, di attrarre investimenti ed aumentare l’occupazione dei territori coinvolti. Tutte possibilità che le multinazionali escludono in nome del profitto e del risparmio sulla qualità del prodotto.
“In più – denuncia Confartigianato Alimentazione – omettere lo stabilimento di produzione complica il lavoro delle autorità di controllo che, in caso di allerta, farebbero fatica a rintracciare immediatamente lo stabilimento di produzione incriminato”.
La norma, in definitiva, non piace agli imprenditori artigiani italiani, perché la considerano un assist alle multinazionali e una limitazione alla libertà di scelta dei consumatori, oltre che un danno per le tante eccellenze territoriali dell’alimentare italiano.